Curinga, 21 marzo 2017 – Mentre i lavori continuano, lo scavo archeologico potrà ridefinire il contesto di appartenenza della imponente struttura. Secondo alcuni studiosi le terme di Curinga appartenevano al complesso di una villa romana
estrinsecazione edilizia di una situazione agricola impostata sul latifondo e sulla larga utilizzazione della manodopera servile(E. Arslan), ma secondo altri l’allargamento prima, e la ricostruzione successiva, fanno ipotizzare una trasformazione che lega le terme ad una
statio e potrebbero essere divenute quindi, in seguito, terme pubbliche.
Il frigidarium delle terme di Curinga costituiva l’ambiente più grande al cui interno si trovavano bacini d’acqua. È una grande aula rettangolare, di circa 80 mq, terminante con due absidi semicircolari. Il sistema di copertura doveva essere simile a quello dell’atrio (volta a crociera centrale collegata a due brevi volte a botte impostate su pilastri quadrangolari). Al piano delle due absidi, che dovevano presumibilmente contenere due vasche di acqua fredda, si accedeva tramite due gradini. Un complesso sistema di canali permetteva la circolazione dell’acqua.